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Grazia Nidasio

Vogliamo ricordare una grande professionista, che abbiamo amato e che ha contribuito con generosità alla nascita e alla crescita di questa associazione

A cura di @faverocostanza_illosandmore
Illustrazioni di ©Grazia Nidasio

La notizia triste è giunta il giorno di Natale: è mancata Grazia Nidasio, proprio durante la notte della vigilia (…)

In tanti hanno voluto condividere un ricordo di Grazia, soci e colleghi che hanno avuto il piacere di collaborare con lei nel corso di una lunga e significativa carriera

GUIDO SCARABOTTOLO - Vice-Presidente AI 1984-87

Non sono stato un lettore di Grazia Nidasio.
Ero troppo vecchio per il Corriere dei Piccoli prima e per il Corriere dei Ragazzi dopo.
Poi leggevo il Corriere della Sera solo saltuariamente.
Grazia Nidasio ha ricevuto lo Yellow Kid nel 1972 e io ho cominciato a lavorare per Lucca (con l’Arcoquattro) solo nel 1973 e non avevo ancora la minima idea di quanto complesso e interessante fosse il mondo del fumetto. In realtà non ero abbastanza vecchio o intelligente per capire tutto quello che mi accadeva intorno e poi erano gli anni del mio primo (breve) matrimonio e della successiva separazione, della fatica di guadagnarsi di che vivere, del trovare la propria collocazione personale e politica…

Certo era più facile che mi interessassero le storie della Bretecher piuttosto che quelle della Nidasio. Così mi sono perso una grande occasione di crescita umana e professionale.
Più o meno dieci anni dopo, e per tre anni, dall’autunno del 1983 mi ritrovo vicepresidente della Associazione Illustratori. Il presidente è Grazia Nidasio. Entrambi avevamo partecipato alla fondazione, entrambi eravamo nel consiglio direttivo. Grazia era anche molto attiva nella redazione di Portfolio Illustratori, la rivista dell’associazione, impostata e fortemente voluta da Piero Ventura e diretta brillantemente da Federico Maggioni.

Naturalmente ero pieno di problemi come al solito: mio padre sarebbe morto nell’estate del 1984; io mi ero indebitato per comprare la casa in cui sarei riuscito ad entrare dieci anni dopo; avevo una vita sentimentale un po’ complicata, facevo disegni che ora mi vergogno a mostrare e non avevo ancora acquisito l’uso della parola (ho saputo poi che Giancarlo Francesconi, il mitico direttore del Corriere dei Ragazzi, a quei tempi mi chiamava “il mutino”).

Se Grazia aveva dei problemi (tutti hanno dei problemi) non lo dava a vedere. Per tre anni mi ha telefonato quasi quotidianamente, piena di idee assolutamente concrete, nel tentativo di trasformare l’AI da una accozzaglia di individui dediti all’interesse privato, alla lamentela economica e alle disquisizioni tecniche (quali carte usare, quali pennelli, quali acrilici, quali pastelli, quali aerografi…) in un gruppo di persone interessate alla elaborazione culturale e allo sviluppo di una coscienza professionale e alla collaborazione.

Ovviamente alle telefonate seguivano incontri, riunioni, viaggi e attività organizzative e manuali varie.
Sappiamo tutti che questo impegno non sarebbe sostenibile senza una grande passione per il lavoro e un grande altruismo, un grande senso civico.
A Grazia dobbiamo la coscienza diffusa che il lavoro dell’illustratore non è un lavoro subordinato.
A Grazia dobbiamo i contatti con Federico Zeri, con Antonio Faeti, con Rossana Bossaglia, con Paola Vassalli…

A Grazia dobbiamo i tentativi di portare l’attività dell’AI fuori dai confini milanesi.
Grazia si è impegnata a fondo nel formare una attenzione alla conservazione del patrimonio illustrativo italiano, a partire dal salvataggio dell’archivio di Iris De Paoli (e immagino cosa avrebbe fatto, se solo fosse stata in grado, per l’archivio di Giovanni Mulazzani, di Gianni De Conno, di tutti i colleghi che se ne vanno, mentre noi…).

A Grazia dobbiamo anche i primi passi nella direzione di un contratto editoriale concordato con i più importanti editori.
E a lei dobbiamo l’inizio del percorso di unificazione tra illustratori, fumettisti e animatori.
Con grande determinazione e (ora capisco) grande pazienza e grande rispetto per le persone, nonostante un vice incredibilmente goffo e impreparato, ci ha guidati in quella che sono convinto sia stata la migliore stagione dell’AI.

Chi ha ricoperto cariche all’interno dell’AI sa come si arriva alla fine del mandato. Esausto e desideroso di recuperare spazi personali, mi sono lentamente distaccato.
Alla fine degli anni ‘80 la crisi economica ha provocato una quasi totale estinzione degli illustratori. L’AI è sopravvissuta a stento.

Tuttavia Grazia ha lavorato molto anche in questo secolo, fino a pochi anni fa, per mantenere viva una coscienza sindacale in tutti i professionisti dell’immagine.
Naturalmente, quel che più conta, ha continuato a fare anche il suo lavoro. Ne troviamo abbondanti tracce nelle librerie, in internet, e soprattutto dentro di noi, molte e molti di noi.

PAOLA PATRIZIA ELLI - Presidente AI 1989-92

Conosco Grazia Nidasio dagli anni 50 quando bambina leggevo il Corriere dei Piccoli allora diretto dal mitico Giovanni Mosca e dove Grazia collaborava da esterna come illustratrice insieme ad autori del calibro di Sergio Tofano papà del Signor Bonaventura e a scrittori come Mino Milani.
Di lei, anche se bambina, ho amato subito il tratto gentile, ma incisivo e la dolcezza di Albella e Gelsomino ladro buono, tra i pochi personaggi che ricordo di quei Corrierini.
Quando tantissimi anni dopo le nostre strade si sono incrociate ho conosciuto una persona speciale di grande cordialità e disponibilità, lo sguardo vivace e il sorriso generoso e la profonda cultura che donava con naturalezza insieme ad una energia che trasmetteva immediatamente.

E’ stata colonna portante per l’AI che ha costruito e amato con caparbietà, indispensabile per la sua capacità di relazionarsi con le istituzioni, con innata cortesia, ma con determinazione e con competenza rara.
Disponibilità e generosità che la portavano a non tirarsi MAI indietro, anche quando non stava bene, anche quando non aveva più ruoli ufficiali. GRAZIA C’ERA SEMPRE.

Una risorsa, un sostegno certo per chi era meno competente e introdotto negli ambienti di lavoro o nelle pubbliche relazioni.
Ricordo con tenerezza i nostri discorsi femminili, il rimarcare le nostre identità di donne in un mondo di maschi, il sorridere come tale diversità portava ad approcci diversi per le soluzioni di problemi.

Ricordo i preziosi consigli che mi dava quando mi ritrovai catapultata alla presidenza di AI con tutte le difficoltà che il compito presentava e ha sempre presentato.
Ti devo moltissimo Grazia per tutto quello che mi hai dato come persona, come esempio di rara professionalità, come illustratrice e fine umorista, e infine come presidente AI che con te ha vissuto una stagione meravigliosa. GRAZIE.

GIULIANO BARTOLI - Consigliere

Ciao Grazia.
Ho sempre identificato l’AI con la volontà di costruirla di Grazia Nidasio…
Ne è stata il motore e l’ideatrice, ci indicava gli obiettivi e le difficoltà, le modalità per superarle.
Non erano velleità ma possibili risultati. Le riunioni con l’avvocato e lei erano eccitanti.
Così che quando abbiamo stampato il contratto per i diritti d’autore e sono stato incaricato di spiegarlo e lasciarne piccoli pacchi a tutte le agenzie l’ho fatto con tale entusiasmo che nessuna porta mi è stata chiusa.
Insisteva perché creassimo contatti con professionisti paralleli e associazioni omologhe straniere, enti e istituzioni, comuni e regioni.

Lei non amava comparire (quante foto avete visto di Grazia?), ma c’era sempre.
Anche in questi ultimi anni le inviavo i testi che mi servivano per presentare AI a bandi di concorso per sedi, per sponsorizzazioni ecc. affinché me li sforbiciasse e integrasse.
Non diceva mai di no. Ai miei eventuali dubbi se era il caso di provare mi diceva: “Non è importante che si riesca ad ottenere questo risultato quanto che l’Associazione sia sempre presente come istituzione”.
Il ricordo più vivo che ho di lei è l’entusiasmo e la gioia delle persone quando la incontravano.
La prima volta in una agenzia di pubblicità, anni 80, quando fu chiamata per realizzare il “Piccolo mugnaio bianco”, protagonista della campagna pubblicitaria del Mulino Bianco.
Appena si sparse la voce che era arrivata tutte le stanze si svuotarono e si fece la ressa fuori dalla sala riunioni per vederla.
L’ultima quando in occasione della mostra del 2012 che stavamo organizzando alle Stelline a Milano “Le Metamorfosi del Viaggiatore” chiesi alla direzione della galleria se potevamo dedicare all’interno della mostra una sezione con le opere dei nostri ex presidenti.
Al nome Grazia Nidasio ci fu un entusiasmo e un lasciarsi andare a racconti di vita fatti con affianco la mitica Valentina Mela Verde e la Stefi: “Bellissimo, all’inaugurazione della mostra ci devi presentare.”

Ultimo aneddoto.
Alla fine della mostra avevo ritirato io le sue illustrazioni e lei non passava mai a ritirarle.
La chiamai in prossimità delle vacanze estive dicendole che lo studio a giorni chiudeva ed ero molto preoccupato di avere le sue tavole.
E’ venuta assieme alla figlia pochi giorni dopo e mi ha detto con la sua solita ironia: “Hai mai sentito che abbiano rubato delle illustrazioni? MAGARI! L’Associazione deve lavorare ancora molto”.

PAOLO D’ALTAN - Presidente AI 1999-01

Da piccolo ero un accanito lettore di fumetti, da Topolino a Tex, da Zagor ai mitici super eroi Marvel editi dall’Editoriale Corno.
Ma una costante era naturalmente il Corriere dei Piccoli, poi dei Ragazzi, una delle mie letture per i immagini preferite: fantastiche riviste ricche di storie disegnate da super autori, alcuni dei quali non avrei mai pensato, un giorno, di incontrare e conoscere.

Questo avvenne grazie all’allora Associazione Illustratori cui era naturale rivolgersi perché l’unica realtà che potesse informare e formare una coscienza professionale e dare strumenti per affrontare questa professione. L’Associazione dove si sono formati molti illustratori/autori che hanno poi intrapreso strade e attività di formazione.

Allora, per me giovane diplomato, fu l’aprirsi di un mondo, ancora solidale e unito, malgrado non fossero più i tempi d’oro, nella promozione e difesa dell’illustrazione e del diritto d’autore, nell’era analogica.
E quando un giorno la incontrai, mi colpì il suo sguardo intenso brillante di passione, energia ed umorismo. La stessa vivacità e libertà delle pagine di Valentina Mela Verde, che pur non essendo nelle mie corde, mi incuriosiva.

La ricordo così, una signora gentile e ferma, dall’occhio vispo, luccicante, un po’ birichino, che aveva una visione, non limitata dall’interesse personale, per il bene comune dell’intera categoria degli autori di immagini. La appoggiava, sostenendola a distanza e trovando le energie per muoversi anche quando la salute non era più dalla sua parte, una vera ‘sensei’.

PAOLO RUI - Presidente AI 2002-05

Quando mi associai in AI, incontrai e conobbi molti dei giganti dell’illustrazione italiana che l’avevano fondata; tra questi c’era Grazia Nidasio la quale, a differenza di tanti altri, dopo aver esaurito il suo mandato come Presidente, continuò sempre a collaborare e a promuoverne il nome e i principi.
Lo faceva perché, pur consapevole del valore dell’individuo, in un mestiere dove la personalità è fondamentale, riconosceva il valore della condivisione e dello stare insieme per raggiungere obiettivi comuni.

Con l’umiltà dei grandi, metteva il suo nome e la sua fama al servizio di una causa più alta. 
Mi auguro che il suo sia un esempio che in tanti vorranno seguire, per il bene della nostra associazione e per quello di tutti coloro che, praticando questo mestiere anche al di fuori di essa, ancora oggi, non si rendono conto del suo valore.

Di Grazia serbo anche il tenero ricordo di quando, per uno dei suoi ultimi progetti, l’andavo a trovare presso la sua casa studio accanto alla Certosa di Pavia, di come trattava con gentilezza infinita mia moglie e mio figlio, allora ancora bambino e delle merende nel suo verdissimo giardino con la torta di Vigoni, uno dei simboli di Pavia che, per anni, continuò a farci avere.

Un ricordo dolce come era lei.

COSTANZA FAVERO - Vice Presidente AI 2002-05

Conoscevo Grazia da quando mi ricordo perché leggevo ‘la Stefi’, anzi mi ricordo che mia sorella grande la leggeva ad alta voce per me quando ancora non ne ero capace.
Più in là negli anni, da ragazza, ho avuto modo di leggere i suoi libri sull’ecologia usciti per Mondadori negli anni ‘80, prima a mio fratello più piccolo e poi a mio figlio. L’ecologia, il risparmio energetico, il clima! Ha precorso i tempi e il suo linguaggio parole e immagini parla- in modo chiaro- e spesso affrontando i ‘grandi temi’ rendendoli alla portata di tutti.
Grazia era immensa, l’ho conosciuta molti anni dopo in ambito dell’allora Associazione Illustratori: era autorevole, saggia, capace e sapeva scrivere, dote rara per un creatore di immagini! Era generosa e sapeva dare consigli senza intromettersi.

Aveva una vera dote nel mettere in contatto le persone e rendersi utile per creare sinergie tra illustratori e tutti gli autori di immagini e operatori del settore perché potessero costruire progetti insieme.
Negli anni e in cui mi sono affacciata al mondo dell’illustrazione, Grazia era in piena attività: Stefi ‘parlava’ dal Corriere della sera e Grazia illustrava articoli, libri, copertine, campagne stampa e cartoni animati.

Negli anni in cui avevo una parte attiva in AI, circa quindici in vari ruoli, Grazia da ‘grande chioccia’ , chiamava me e chi allora si impegnava per AI “i suoi pulcini”. A pensarci ora provo una grande tenerezza per quelle parole di affetto e ne sono onorata. Grazia intuiva bene le difficoltà e ha sempre sostenuto con determinazione i valori di AI, la lotta all’individualismo e la diffusione delle buone pratiche e della consapevolezza professionale.

La foto che ha accompagnato i comunicati stampa della sua scomparsa mi ha ricordato proprio la sua risata piena e fragorosa e l’espressione arguta ed intelligente!
Ed è così che la voglio ricordare, allegra come i suoi personaggi, positiva come i suoi messaggi, determinata e gentile.

DARIO ALBINI - Presidente AI 2008-2011

Avevo 24 anni quando divenni presidente dell’Associazione Illustratori.
Esattamente gli stessi anni erano passati da quando Grazia aveva assunto la stessa carica.
Letteralmente una vita di differenza.
Ad aumentare la distanza, ci si mettevano anche l’epoca e la situazione.
Lei, una grande professionista, condottiera dei tempi gloriosi.
Io un inesperto sbarbato, a sopravvivere in tempi di crisi.
Più lontani proprio non potevamo essere.

Poi venne quel giorno, in cui tanto per cambiare, c’era un problema all’orizzonte che metteva a repentaglio l’esistere dell’Associazione.
La situazione era tale che noi odierni sentivamo la necessità di chiedere aiuto ai grandi del passato e alla loro sapienza senza tempo.
Così con Paolo Rui come accompagnatore, mi recai a Certosa di Pavia, a casa di Grazia.
All’ingresso, mi sentivo letteralmente come Semola, de “La Spada nella Roccia”, finito a casa di Merlino.

Lo stesso senso di magia, benevolezza e saggezza da parte sua, inadeguatezza da parte mia.
Fui accolto con un calore e un affetto che non pensavo di meritare.
Ci offrì un the e parlammo dell’Associazione, di coscienza professionale e valori, di diritti e doveri, della visione del futuro della professione.
Parlammo poi di altre cose che però ora ho scordato.

Quello che non ho dimenticato a 10 anni da quell’incontro, sono le sensazioni con le quali uscii da casa di Grazia: la prima era la fortuna di aver incontrato un grande essere umano, prima che una grande professionista.

La seconda, era che quei 24 anni di distanza erano spariti.

IVO MILAZZO - Presidente AI 2011-2018

Pur non avendo vissuto il suo operato in AI, l’avevo conosciuta di volata durante i miei inizi al Corriere dei Ragazzi nei primi anni ’70, insieme a Di Gennaro e Uggeri.
Molto meglio negli ultimi anni, riscontrando una donna intelligente e dalla grande professionalità.
Ci siamo sentiti più volte durante il mio settennato, ma purtroppo non sono riuscito poi a dare seguito al mio desiderio di farle visita.

Era amabile come sempre, scambiandoci la condivisione del desiderio di ottenere maggiori riscontri per gli autori e ricordando come la divisione pregressa tra i settori sia stata alquanto deleteria per poter creare una coscienza comune. Troppo individualismo…!

Purtroppo le cose continuano a peggiorare e molti di noi si piegano ancora di più, non facendo fronte unitario per ottenere i giusti riconoscimenti.
Non è semplice parlare di qualcuno che ha intrapreso quel viaggio che prima o poi spetta a tutti noi.
È poi improbo se quel ‘qualcuno’ è una persona dalla forte umanità’ come Grazia Nidasio, in perenne lotta per un traguardo di genere e di categoria.

Ognuno di noi ne conserverà il proprio ricordo e il piacere della conoscenza nei tanti aspetti che attengono al mestiere dell’Autore, ma sarà comunque un ‘frammento personale’ della sua essenza di donna.

Mi auguro di poterla incontrare nuovamente in una vita futura.

FERRUCCIO GIROMINI - Giornalista esperto di fumetto e illustrazione, curatore di mostre e eventi.

MICINO FILM – Agosto 1956. Piovosissimo, almeno in alta Valdaosta.
Uno dei miei primi ricordi vividi di vita, corroborato dalle testimonianze divertite dei miei famigliari: ci sono io, poco più che duenne, che passo gli interminabili pomeriggi scuri a far girare e rigirare un lungo spaghetto tra l’anello di una chiave e i vari meccanismi del chiavistello della vecchia porta di casa.
Nella mia primitiva immaginazione, riproduco i percorsi di una sottile pellicola 8mm nei meandri misteriosamente tortuosi di un proiettore, a imitazione di quanto fa mio padre quando ci proietta i filmini di famiglia.

Chiamo questo mio gioco preferito “gattino film”. In realtà mi ispiro a una striscia verticale di disegni che appare settimanalmente sul Corriere dei Piccoli, che proprio a foggia di pellicola allinea uno sotto l’altro tre o quattro fotogrammi di una minima storiella umoristica con protagonista un piccolo gatto tigrato.
Il nome esatto della garbata serie, comprensibile anche allo sguardo di un bambino così piccolo, è “Micino Film”, e sua autrice è l’allora giovanissima Grazia Nidasio.

È il suo primo personaggio. Ed ecco, la prima storia disegnata della mia vita è proprio quella, il ricordo è rimasto indelebile.

Con Grazia Nidasio ci sono cresciuto negli anni, nei decenni – con il Dottor Oss, con Valentina Mela Verde, con la Stefi, con le illustrazioni di tanti bei libri di Donatella Ziliotto o Bianca Pitzorno, per esempio – e non avrei immaginato un giorno di conoscere e diventare amico proprio di quella Grazia, di quella Donatella, di quella Bianca.

Che bella vita la mia, quante soddisfazioni. E che bella vita quella di Grazia, quante soddisfazioni: per lei stessa e per mille e mille altri, i suoi lettori, i suoi amici, i lettori suoi amici, gli amici suoi lettori.

Se la leggevi, se la guardavi, se la vivevi, non potevi non esserle amico. Che bella vita, la sua.

PAOLA PALLOTTINO - Già docente di ‘Storia dell’arte contemporanea’ all’Università di Macerata, storica di illustrazione autrice del testo “Storia dell’illustrazione italiana” e fondatrice del Museo dell’Illustrazione di Ferrara.

GRAZIA NIDASIO, UN’UMORISTA CON L’APOSTROFO
Medea è femmina, Sir John Falstaff è maschio. Anche in Italia la regola è che gli umoristi debbano portare i pantaloni.
Un’eccezione perentoria: Franca Valeri, che paga ancora oggi il prezzo dell’avvilente sospetto che il physique sia indissolubile dal rôle.
Quanti ‘caricaturisti’, infatti, contro una Adrì, una Vera, una Rosetta? Non meno significativo
l’ostinato ricorso agli pseudonimi da parte delle donne.
Il fumetto satirico non ne conta molte di più. Perfino una stella di prima grandezza come Claire Bretécher è passata attraverso l’umiliante definizione di ‘Feiffer in gonnella’.
A quell’umorismo inteso come chiave di vita, tanto più difficile quando si fa parte dell’altra metà del cielo, appartiene anche un’altra artista.

Erede di una grande tradizione umoristica, oggi parliamo della geniale consapevolezza con la quale Grazia Nidasio denuncia, attraverso le piccole cose, quelle infinitamente più grandi, affinando la chiarezza del proprio linguaggio attraverso il canale privilegiato e impervio della caricatura, dell’illustrazione e del fumetto rivolti prevalentemente all’infanzia.

Nata a Milano, dove ha studiato scultura a Brera con Messina, Grazia Nidasio, che risiedeva a Certosa di Pavia, esordisce giovanissima con illustrazioni per Marzocco, AMZ, Mondadori, Einaudi e Rizzoli. Nel 1955 vince il Premio Diomira e intensifica la sua collaborazione al «Corriere dei Piccoli» dove, da trent’anni si alternano i personaggi che le hanno meritato uno Yellow Kid nel 1972: da Alibella a Gelsomino, da Nonno Robi al Dottor Oss, fino alla popolarissima Valentina Mela Verde, tradotta in Francia e alla sorellina Stefi, le cui avventure, oltre che su «Juppo» in Olanda, sono apparse in Spagna, Grecia, Turchia, Jugoslavia, Belgio, Svezia, Olanda, Brasile e, proprio recentemente, animate in quindici episodi per la televisione nazionale.
Alla direzione artistica del «Corriere dei Piccoli», Nidasio ha affiancato collaborazioni alla «Domenica del Corriere», «A suivre», «Messaggero dei ragazzi» e ad «Amica» per la quale, dal 1978, ha creato il suo capolavoro, la serie a fumetti: Ma i grandi amori erano poi così grandi?

Da D’Annunzio e la marchesa di Rudinì a Scott Fitzgerald e Zelda, da Edoardo e Wally a Gertrude Stein e Alice Toklas, fino a Jaqueline e ‘LUI’, gli amori dei più famosi protagonisti del secolo sono raccontati con il sorriso brillante e spietato di un segno che Faeti definisce “perentorio e disinibito” e che, dai metafisici veleni di Edward Gorey alle affilate crudeltà di Roland Searle, arricchisce la gamma delle cattiverie grafiche con l’esplosiva, personalissima allegra perfidia di Nidasio.
da un testo del 1983

Paola Pallottino – Già docente di ‘Storia dell’arte contemporanea’ all’Università di Macerata,
storica di illustrazione autrice del testo “Storia dell’illustrazione italiana”
e fondatrice del Museo dell’Illustrazione di Ferrara.

LOREDANA FARINA Ex direttore editoriale de La Coccinella, esperta di illustrazione per l’infanzia e di ideazione e produzione di libri-gioco per bambini.

Grazia Nidasio è stata una delle prime persone che ho conosciuto all’inizio del mio percorso professionale. Io ero alle prime armi, ma lei era già ‘la Nidasio’ (rigorosamente per cognome).
Era amica dell’editore Abriani della AMZ e con lui pubblicò alcuni libri bellissimi: Alice nel 2000, per esempio, è del 1967, e 8 titoli di una splendida collanina in formato cm. 10×10. I PIC.
Valentina e la Stefi non erano ancora all’orizzonte.
La Nidasio guardava con simpatia la mia timidezza e il mio imbarazzo e capii quale era il suo spessore umano quando mi propose di andare a lavorare al Corriere dei Piccoli.

Me lo propose lei: io non avrei mai osato chiederglielo.
Col passare degli anni siamo diventate amiche, ma io la guardavo sempre con profondo e sincero rispetto reverenziale, che a volte manifestavo mettendomi in ginocchio davanti a lei a mani giunte.

Gag che la faceva ridere.

IVAN GIOVANNUCCI Direttore dell’agenzia letteraria Caminito

«Si dice spesso che i bambini ci guardano. Invece, sarebbe meglio dire che i bambini ci riguardano».
Questo è l’incipit del discorso di Grazia Nidasio all’inaugurazione della mostra: “Mi chiamo Stefi e tu?” il 5 febbraio 2010 a Palazzo Litta a Milano. Lei, che non si mostrava in pubblico, aveva accettato di intervenire, solo perché la mostra della Stefi sulla multicultura, in cinque lingue, (arabo, cinese, inglese, italiano e spagnolo) era dedicata ai bambini. In questi giorni, giustamente, le dimostrazioni di affetto nei suoi confronti sono tantissime, sicuramente da lassù lei, sempre così schiva, ci starà dicendo: «Che macachi!». La sua tipica espressione (molto meneghina) per deviare l’attenzione su di lei.

Ma questa volta voglio disubbidire. Per la Nidasio eravamo tutti suoi figli, e questo ogni tanto fanno i figli: disubbidiscono.

Per ricordare Grazia Nidasio sarebbe bello intitolare con il suo nome una scuola, un asilo, una biblioteca scolastica, una biblioteca pubblica. A lei, che tanto ha fatto per i bambini.
Rivolgo a tutti voi questo appello con l’invito di farlo proprio.

P.S. Come la Stefi, ogni volta che mi lavo i denti, grido: «Morite microbi delle carie!». Infatti, ho quasi sessant’anni e non ho carie. Perché leggevo sul Corriere dei Piccoli le avventure della Stefi e della famiglia Morandini. Ma soprattutto perché c’era la Nidasio.

Sarebbe bello che fra sessant’anni qualcun altro potrà pensare le stesse cose ogni volta che si infilerà uno spazzolino in bocca.

PAOLA VASSALLI Curatrice di mostre, esperta di illustrazione per ragazzi e didattica dell’arte.

Roma, 9 febbraio 2019. Oggi Grazia Nidasio avrebbe compiuto 88 anni. E invece Grazia se n’è andata la notte della vigilia di Natale.
Troppo presto per quanti avevano progetti da realizzare con lei, che di nuovi progetti ne aveva sempre tanti. Io avevo in progetto di andare a trovarla nella sua Certosa di Pavia. Presto, ci siamo dette. Mi mancherà per sempre non averlo fatto, come mi mancherà lei, la Signora del fumetto italiano, grande illustratrice, donna concreta e generosa.

L’avevo conosciuta a Milano, insieme a Guido Scarabottolo, direi nello studio di Guido, l’Arcoquattro, nei primi anni Ottanta, quando insieme avevano fondato e si occupavano di far crescere la neonata Associazione Illustratori.

La incontravo a Bologna, alla Fiera del Libro per Ragazzi, che già nelle prime edizioni ospitava le grandi firme del fumetto italiano. In quegli anni il fumetto aveva in Fiera uno spazio importante: con Grazia c’erano Sergio Toppi, Dino Battaglia, Vinicio Berti e tanti altri. Forse la incontravo anche a Lucca, o meglio incontravo le sue creature di carta, perché Grazia la ricordo tanto impegnata e appassionata, esigente e diretta, quanto schiva e riservata.

Non frequentavo allora le pagine del Corriere dei Piccoli e non seguivo le vicende di Valentina Mela Verde e della sorella minore, la Stefi. Ma leggevo e rileggevo con mia figlia Sara le pagine di Donatella Ziliotto, magistralmente illustrate da Grazia Nidasio. In Trollina e Perla, Io, Nano, Un chilo di piume un chilo di piombo le due Signore dell’editoria italiana sembravano perfettamente in sintonia, parlavano la stessa lingua: brillante, colta, pungente.

Così saluto Grazia con le parole di Donatella ne Le bambine non le sopporto, la cui dedica recita: “A Grazia N. che dà vita ai miei fantasmi”.

LAURA SCARPA fumettista e illustratrice è stata la fondatrice di riviste quali Scuola di Fumetto e Animals, per Coniglio Editore. editor, studiosa del fumetto e docente. Presidente dell’ l’Associazione Culturale ComicOut.

Scrivere di Grazia Nidasio, un ricordo, mi riesce difficile. Se la ricordo è perché non c’è più, e sebbene a 87 anni una morte non ci sorprenda troppo, la sua assenza, la mancanza delle sue telefonate e mail, e il tempo doloroso che ha preceduto la morte, non mi permettono di guardare con sereno distacco il fatto che non ci sia più a discutere su cosa si dovrebbe fare oggi per il fumetto, sui giornali, per i ragazzi eccetera.
E non capisco bene quali cose vadano dette qui, se ricordi di una persona straordinaria (dettagli privati, forse, che credo né io né lei vorremmo condividere), o la critica e l’esegesi di una straordinaria, unica autrice, una dei grandi (e la solA Grande) del fumetto italiano, e degli anni 60, 70, 80… con il rischio di ripetere tutti concetti simili.

Un giorno mangiavamo una fetta di anguria in un chiosco in un primo pomeriggio d’estate (quando vieni a Milano ti faccio da tassista, mi diceva… lo scrivo solo per dimostrare la sua generosa e affettuosa pazzia), eravamo vicinissime alla sua casa natale.

Trascrivo questo suo ricordo: molto piccola, negli anni 30, anni in cui polizia e vigili li immagino particolarmente severi, i suoi fratelli (tutti parecchio maggiori di lei) giocavano a pallone per strada, cosa vietata. Lei l’avevano posata su un carro parcheggiato lì, a guardarli. Arrivano le guardie e i ragazzi scappano velocissimi, lasciando la piccola Grazia su quel carro.
Ho sempre quest’immagine, sfocata come una vecchia fotografia, questa strada della vecchia Milano, con il sole, e una piccolissima Grazia abbandonata in cima.

La sua capacità di rendere in immagini la vita e i sentimenti che vi sono legati si espresse anche in quel piccolo aneddoto… così come una volta, a Venezia (all’unico e splendido Immaginaria), vedendo su un vaporetto un gruppo di scolaretti disse: «Sembrano un mazzo di rapanelli…».
Ecco, il disegnatore fa questo, trasformare in immagini diverse la realtà, usando l’immediatezza e l’ambiguità dell’immagine. L’autore a questo aggiunge storie, intrecci, significati moltiplicati per tutte le vignette in cui racconta, il grande autore.

Grazia Nidasio ha sempre amato l’essere autrice, nel fare fumetti, fremendo per cercare la sua indipendenza anche ai tempi di Violante.
La sua, forse potete non esservene accorti, è stata una vita di lotta, anche per diffondere significati importanti, motivi che le stavano a cuore… negli ultimi anni della Stefi, quando aveva già abbandonato il «Corrierino» appena era stata usata la Stefi, appunto, come portavoce del taglio di nome della testata, in quegli ultimi anni, mentre la Stefi commentava per un pubblico adulto sulle pagine del «Corriere», si era anche fatta portabandiera di un argomento oggi più che mai scottante: l’immigrazione come arricchimento, ‘assimilazione’ totale dei bambini che vivono in Italia, di qualsiasi provenienza e paternità, come cittadini italiani e come tali con gli stessi diritti di chi lo è da 7 generazioni. So che è un argomento che le stava a cuore e per questo lo ribadisco.

Così come i suoi cartoni animati della Stefi, apparsi troppo poco in TV e prodotti dalla Rai, avevano un tema tostissimo: il denaro, la ricchezza, l’uso, l’abuso.
Era la continua lotta, fatta dal suo giardino e dal suo studio, che conduceva da anni per intelligenza, onestà, giustizia e cultura… come quando inseriva musica, moda, arte, design, società, nelle sue storie della famiglia Morandini e di Valentina.

Ecco, non ho parlato del suo segno, della potenza dirompente di quel segno, che guardava
all’Inghilterra (la vera rivoluzionaria di quegli anni), quando i suoi colleghi al CdP guardavano agli USA.

Era sempre oltre. uno sguardo lontano e il pennino come una spada senza sangue.

EMANUELA BUSSOLATI Progetta, scrive e illustra libri per bambini e ragazzi da iù di quarant’anni. Si definisce ‘figurinaia’

Si dice che ci sono dei giganti e che quando lo sono davvero si abbassano per permetterti di salire sulle loro spalle e vedere un po’ con i loro occhi, anche se sei piccolissima.
E davvero ero piccolissima quando ho incontrato per la prima volta Grazia, prima sulle pagine del Corriere dei Piccoli, poi soprattutto, In redazione grazie a una conoscente che lavorava al quotidiano di via Solferino, vicinissimo a casa mia.

Poi di nuovo quando si fondò l’Associazione Illustratori. Sorridente, incoraggiante, innamorata di questo bellissimo mestiere… e ci credo, con le splendide tavole che sfornava! E di nuovo altre volte in occasione di mostre. Sempre gentile, pronta a due parole malgrado traversasse momenti anche molto difficili e dolorosi.

Un gigante. Grazie per quell’inchino generoso che ha permesso a tanti di seguire il tuo sguardo.

PAT CARRA Autrice di fumetti, vignettista satirica e una delle ideatrici di Aspirina

Mi sono innamorata di Grazia sulle pagine del Corriere dei piccoli negli anni ’60 e l’ho conosciuta nel 1988, quando le ho chiesto di collaborare ad Aspirina, rivista umoristica e femminista.
Per trent’anni siamo state amiche: lunghe telefonate, le sue visite a Milano con la torta Paradiso di Pavia, il gelsomino d’inverno in un sacchetto, ora fiorito davanti ai miei occhi, i semi della campanula con le istruzioni della Stefi, la bozza di una rubrica a due mani.

Si parlava di fumetti e sgambetti, di affetti e politica, se scivolavo nel dramma mi riportava imperiosamente all’umorismo e al rilancio. Stava alla larga da ideologie e seriosità. Si parlava di noi, lei era di poche parole su certi suoi grandi dolori.

Avrebbe riso di qualsiasi necrologio.

GIUSI QUARENGHI Scrittrice specializzata nella narrativa per ragazzi e bambini.

Sono venuto a parlarti, amico mio,
delle rondini nere, non di Dio,
e come e perché e quando, e in quale luogo (…)
Emilio Isgrò
Ci sono intelligenze così acute, discrete e generose da giovare a chiunque le avvicini. Acqua non di superficie che irriga la terra e può far fiorire i deserti. Così era Grazia Nidasio, anzi, la signora Nidasio (la forma è sostanza, come nel disegno). Signora sempre, di sé, del proprio fare e delle proprie scelte, senza alcun vezzo, mai. Come il suo giardino, signore di sé anche lui, grazie a come lei lo trattava. Sapeva così bene volere da sé stessa che otteneva di più anche dagli altri, comprese le rose, lasciando e facendo in modo che facessero, trovassero come fare, a modo loro.

E l’Associazione Illustratori ne sa qualcosa, sa quanto, senza di lei, avrebbe avuto tutta un’altra storia, forse addirittura nessuna storia. Che poi l’Associazione a lei non servisse ha solo reso più tenaci e incisive la sua motivazione, la sua dedizione e la sua liberalità.

Racconto un ricordo personale perché mi pare la ritragga, in discrezione e intensità.
Eravamo ad Annecy, al festival internazionale del cinema d’animazione, nel 1979 credo.
Il riguardo affettuoso che riservava alle giovinezze aveva bandito timori e reverenze e ci aveva messe fianco a fianco. In fila per l’accredito, le si avvicina un fotografo del festival con l’obiettivo puntato; la signora Nidasio fa un cenno di diniego, il fotografo insiste, lei lo guarda: il balloon è chiaro, il fotografo abbassa l’obiettivo, la signora Nidasio muove appena la testa per ringraziare. Quello scatto trattenuto credo la ritragga meglio di qualunque foto.

Qualche anno dopo, in un momento per me amaro e cupo, mi disse: “Annecy, quel pomeriggio che mi aspettavi seduta sul bordo del terrazzo del palais con le gambe penzoloni… ti vedo, là, così, ancora”: come mi avesse disegnata, e un po’ anche consegnata, a un disegno di me che custodisco e che soprattutto ancora mi custodisce. E me lo ricordava, quando ci incontravamo o ci telefonavamo, di rado, molto di rado, ma ogni volta riprendendo da dove ci eravamo lasciate.

E quanto abbiamo riso, anche se le vite intanto si disegnavano in modo da lasciare sempre più spazi bianchi, dove si sta più soli.

Persino volerti bene, signora Nidasio, ha fatto bene a chi bene ti ha voluto.
La riconoscenza e la stima per te, per quello che sei stata e come, per quello che hai fatto e come, non colmeranno la tua mancanza.