In ricordo di GRAZIA NIDASIO
di Costanza Favero, a nome del Direttivo AI
La notizia triste è giunta il giorno di Natale dello scorso anno: è mancata Grazia Nidasio, proprio durante la notte della vigilia.
Tutti quelli che ne conoscevano la grandezza professionale ed umana avranno provato quel cupo senso di perdita che si avverte quando scompare un punto di riferimento: un’illustratrice geniale, una arguta autrice e una donna di notevoli doti e generosità.
Nata nel 1931, Grazia è stata protagonista dell’illustrazione e del fumetto italiano per almeno 6 decenni. Conosciuta come la mamma di Valentina Mela Verde e della Stefi , vinse lo Yellow Kid al Salone Internazionale dei Comics del 1972, il prestigioso premio Andersen come miglior autore nel 1987 e una menzione speciale alla carriera nel 2001.
AI le ha dedicato alcuni tributi tra cui un riconoscimento alla carriera nell’Annual 2006. Per noi professionisti, Grazia è stata un faro: ha accompagnato la crescita di più generazioni di lettori e illuminato il cammino di moltissimi creatori di immagini, ha ispirato e contagiato con il suo entusiasmo e tenacia colleghi e collaboratori.
E per AI Grazia è stata ancora di più di questo, l’Associazione, allora ASSOCIAZIONE ILLUSTRATORI, deve anche a Grazia- assieme agli altri fondatori- la sua nascita nel 1980 e la sua affermazione come Associazione di riferimento per la nostra categoria. Grazia è stata presidente durante il primo decennio di AI 1984/ 1987, anni fondanti in cui si è avviata la sfida di creare un’associazione professionale che lotti per i diritti degli autori di immagini, che lavori per creare una coscienza professionale condivisa e per far prevalere la collaborazione sulla divisione e l’individualismo.
Grazia si è adoperata negli anni, ben oltre il suo mandato come presidente, per diffondere la cultura dell’immagine disegnata, seguendo il percorso AI e scrivendo bellissimi scritti sulla professione e il valore dell’illustrazione.
Con enorme gratitudine, salutiamo Grazia con alcune parole personali di Guido Scarabottolo, grande professionista e compagno fondatore e di presidenza di AI:
Non sono stato un lettore di Grazia Nidasio.
Ero troppo vecchio per il Corriere dei Piccoli prima e per il Corriere dei Ragazzi dopo.
Poi leggevo il Corriere della Sera solo saltuariamente.
Grazia Nidasio ha ricevuto lo Yellow Kid nel 1972 e io ho cominciato a lavorare per Lucca (con l’Arcoquattro) solo nel 1973 e non avevo ancora la minima idea di quanto complesso e interessante fosse il mondo del fumetto. In realtà non ero abbastanza vecchio o intelligente per capire tutto quello che mi accadeva intorno e poi erano gli anni del mio primo (breve) matrimonio e della successiva separazione, della fatica di guadagnarsi di che vivere, del trovare la propria collocazione personale e politica…
Certo era più facile che mi interessassero le storie della Bretecher piuttosto che quelle della Nidasio. Così mi sono perso una grande occasione di crescita umana e professionale.
Più o meno dieci anni dopo, e per tre anni, dall’autunno del 1983 mi ritrovo vicepresidente dell’ Associazione Illustratori. Il presidente è Grazia Nidasio. Entrambi avevamo partecipato alla fondazione, entrambi eravamo nel consiglio direttivo. Grazia era anche molto attiva nella redazione di Portfolio Illustratori, la rivista dell’associazione, impostata e fortemente voluta da Piero Ventura e diretta brillantemente da Federico Maggioni.
Naturalmente ero pieno di problemi come al solito: mio padre sarebbe morto nell’estate del 1984; io mi ero indebitato per comprare la casa in cui sarei riuscito ad entrare dieci anni dopo; avevo una vita sentimentale un po’ complicata, facevo disegni che ora mi vergogno a mostrare e non avevo ancora acquisito l’uso della parola (ho saputo poi che Giancarlo Francesconi, il mitico direttore del Corriere dei Ragazzi, a quei tempi mi chiamava “il mutino”).
Se Grazia aveva dei problemi (tutti hanno dei problemi) non lo dava a vedere. Per tre anni mi ha telefonato quasi quotidianamente, piena di idee assolutamente concrete, nel tentativo di trasformare l’AI da una accozzaglia di individui dediti all’interesse privato, alla lamentela economica e alle disquisizioni tecniche (quali carte usare, quali pennelli, quali acrilici, quali pastelli, quali aerografi…) in un gruppo di persone interessate alla elaborazione culturale e allo sviluppo di una coscienza professionale e alla collaborazione.
Ovviamente alle telefonate seguivano incontri, riunioni, viaggi e attività organizzative e manuali varie.
Sappiamo tutti che questo impegno non sarebbe sostenibile senza una grande passione per il lavoro e un grande altruismo, un grande senso civico.
A Grazia dobbiamo la coscienza diffusa che il lavoro dell’illustratore non è un lavoro subordinato.
A Grazia dobbiamo i contatti con Federico Zeri, con Antonio Faeti, con Rossana Bossaglia, con Paola Vassalli…
A Grazia dobbiamo i tentativi di portare l’attività dell’AI fuori dai confini milanesi.
Grazia si è impegnata a fondo nel formare una attenzione alla conservazione del patrimonio illustrativo italiano, a partire dal salvataggio dell’archivio di Iris De Paoli (e immagino cosa avrebbe fatto, se solo fosse stata in grado, per l’archivio di Giovanni Mulazzani, di Gianni De Conno, di tutti i colleghi che se ne vanno, mentre noi…).
A Grazia dobbiamo anche i primi passi nella direzione di un contratto editoriale concordato con i più importanti editori.
E a lei dobbiamo l’inizio del percorso di unificazione tra illustratori, fumettisti e animatori.
Con grande determinazione e (ora capisco) grande pazienza e grande rispetto per le persone, nonostante un vice incredibilmente goffo e impreparato, ci ha guidati in quella che sono convinto sia stata la migliore stagione dell’AI.
Chi ha ricoperto cariche all’interno dell’AI sa come si arriva alla fine del mandato. Esausto e desideroso di recuperare spazi personali, mi sono lentamente distaccato.
Alla fine degli anni ‘80 la crisi economica ha provocato una quasi totale estinzione degli illustratori. L’AI è sopravvissuta a stento.
Tuttavia Grazia ha lavorato molto anche in questo secolo, fino a pochi anni fa, per mantenere viva una coscienza sindacale in tutti i professionisti dell’immagine.
Naturalmente, quel che più conta, ha continuato a fare anche il suo lavoro. Ne troviamo abbondanti tracce nelle librerie, in internet, e soprattutto dentro di noi, molte e molti di noi.
Guido Scarabottolo